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| | MAMMA GALLINARI: "Danilo in Nba? Soffro già""L'America è un coltello nella ferita... Ma non lo fermerò. Danilo è un ragazzo pulito, ma non ingenuo. E se giocherà negli Usa, so che suo padre passerà con lui molto tempo"MILANO, 8 aprile 2008 - "Ero una gazzella" dice di sé Marilisa Madonnini ricordando gli anni in cui, sui 200 metri, il piacere di competere la portava ad allenarsi con i maschi. Una gazzella alta, bella ed elegante che Vittorio Gallinari, abituato sul parquet a bloccare armadi neri di ben altre dimensioni, cattura con dolcezza nel 1986: matrimonio dopo due anni di fidanzamento e casa fuori Lodi — in realtà una villa in campagna — a Graffignana. "Sapevamo che per un po’ avremmo viaggiato — racconta Marilisa — ma una famiglia ha bisogno di un punto di riferimento stabile. Non abbiamo mai dubitato che saremmo tornati qui".
EPOPEA - Conclusa l’epopea dell’Olimpia di Peterson, Vittorio si sposta a Pavia, Bologna, e poi a Verona, e infine a Livorno. La prima foto di Danilo con un pallone da basket in mano è stata scattata lì, quando aveva 4 anni e il mestiere del padre, come accade a tutti i bimbi, era visto come l’approdo scontato. A differenza di quanto succede a molti altri, nel tempo il desiderio di Danilo non è cambiato. L’appuntamento con Marilisa è nel suo ufficio di ispettore fitosanitario della Regione Lombardia. È lei stessa a decrittare il suo ruolo: "Mi occupo dei vegetali in movimento sul territorio di Lodi, controllo i virus, i batteri...". Anche gli ogm? "Sì, diciamo che costituiscono l’aspetto più nuovo del mio incarico". La necessità di andare alla sede centrale della Regione, a Milano, è frequente, e la trasferta ha sempre una coda. "Ora Danilo ha una casa sua, gliela ha data la società, che mamma sarei se non lo andassi a trovare...". Occorrerà adesso precisare, se non l’aveste ancora capito, che alle spalle del talento più limpido nella storia del basket italiano c’è una famiglia di solidità granitica.
BOCCONI - Sappiamo già che mamma Marilisa è dirigente alla Regione Lombardia. Papà Vittorio, che pure ci piace ricordare come l’uomo-chiave della mitica difesa 1-3-1 di Milano, a 27 anni si laurea in Economia alla Bocconi con una tesi di diritto internazionale che prefigura la sua occupazione post agonistica: agente di giocatori. Cosa poteva fare nella vita Danilo, con due genitori così? "Quello che voleva — precisa la madre — perché ovviamente nessuno gli ha mai chiesto di diventare un professionista del basket. Non voglio sparare addosso a tanti genitori che ho visto a bordo campo in questi anni, quelli invasati per le sorti sportive del figlio, quelli che magari sognano attraverso di lui un riscatto economico. Ma noi siamo fortunati, in nulla di quanto ha fatto finora Danilo il denaro ha avuto un ruolo, e in casa si è sempre parlato pochissimo delle sue qualità cestistiche. A lui e a Federico, il fratello di 10 anni, chiediamo solo di essere dei bravi ragazzi, e perché questo succeda abbiamo organizzato con attenzione la loro giovinezza".
BORGO - C’è una reminiscenza di Smallville, nella fresca storia di Danilo Gallinari. Il piccolo borgo, la famiglia serena, le qualità superiori che emergono giorno dopo giorno, quasi con sua stessa sorpresa, lasciando verosimilmente stupefatti amici e compagni. Marilisa soppesa con cura le parole perché non vuole atteggiarsi a professoressa, eppure la sua è una lezione che tante madri borghesi farebbero bene ad annotare: "Con i figli ti devi organizzare: mattina a scuola, dopo pranzo subito i compiti perché alle 16.30 si va in palestra, due ore a giocare e fatalmente a stancarsi, a casa cena rapida e poi a letto che gli occhi si chiudono, per ricominciare freschi e riposati il mattino dopo. Io credo che un bravo figlio — e per bravo non intendo certo un campione, ché quello non lo decidi tu — vada cresciuto sul doppio binario scuola-sport: sono due sistemi di conoscenza diversi ma integrati, averne solo uno è un grosso limite. Il problema di Danilo, e lo dico per spiegarmi visto che a scuola è sempre stato bravo, non era la divisione dello spogliatoio, ma il compito in classe del giorno dopo".
FILOSOFIA - "Ora Danilo studia filosofia con grande entusiasmo — racconta—. Suo padre, scherzando. ma fino a un certo punto, gli ha detto che se non avesse il basket quella Facoltà lo porterebbe a vivere sotto i ponti; okay, l’ho sostenuto io, allora vuol dire che il privilegio di essere un professionista sarà il fatto di potersi permettere gli studi che gli piacciono senza preoccuparsi del loro sbocco". Molto serio, molto giusto. Non sarà troppo? Marilisa sospira, un piccolo cruccio ce l’ha: "La pallacanestro dei tempi di Vittorio era molto più umana. Ricordo le serate al Torchietto, sui Navigli, dopo le partite: tutta la squadra a ridere e scherzare con mogli, fidanzate, spesso anche giornalisti... Ecco, la convivialità era un valore che s’è perso. Ricordo il silenzio dopo le sconfitte, un silenzio che durava 10 minuti, il tempo perché Peterson finisse il suo piatto e se ne andasse. Allora Casalini e Meneghin cominciavano il loro show, e la depressione se ne andava in un amen. Ecco, tutto questo non c’è più, e mi dispiace che Danilo non possa viverlo".
NBA - Stando ai racconti di chi c’è stato, la Nba è ancora peggio. "Ah, lei gira il coltello nella ferita... Senta, non sarò io a fermare Danilo, anche perché mi fido di Vittorio e so che quando succederà, lui passerà in America lunghi periodi. E poi Danilo è un ragazzo sereno, pulito, ma non ingenuo. Lascia tranquilli, intendo dire". Se lo aspetta già per la prossima estate? "E’ ai primi posti nei siti dei draft, ma non penso che se ne andrà così presto...". Marilisa vorrebbe dire "è ancora il mio bambino!", ma riesce a fermarsi in tempo. Dietro alla sua scrivania, nell’ufficio regionale di Lodi, le foto del "bambino" in azione e la sciarpa dell’Armani Jeans dicono del suo orgoglio più di mille parole.
CONSIGLIO - Signora Gallinari, dia un ultimo consiglio alle madri che hanno un figlio da avviare in campo o in palestra. "È facile. Scegliete uno sport di squadra, è molto più pedagogico. Quando il bambino capisce che la rinuncia personale — non si tira, ma si passa al compagno smarcato — porta un vantaggio al collettivo, beh... lì sta nascendo una persona. E per te, mamma che guardi, la soddisfazione è dolcissima".
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